Progetto Connexus è nato per informare e prevenire il diabete, le malattie cardiache e la parodontite perché sono malattie gravi e strettamente correlate.
Sappiamo che, tra le malattie non-comunicabili, le patologie atero-cardio-vascolari (ACVDs) sono, in tutte le regioni del mondo, la prima causa di morte e di disabilità cronica. In Europa sono circa 4 milioni le morti per ACVDs ogni anno (45% di tutte le morti) 220mila in Italia e 18milioni nel mondo (tra quelle censite). Le Nazioni Unite definiscono le ACVDs come la maggior barriera allo sviluppo sostenibile dell’umanità. Il problema, anche in Italia, ha proporzioni drammatiche anche per la spesa sanitaria che impone.
Già nel 1989 Syrjänen et al. esplorarono la relazione tra salute orale e ictus. I risultati mostrarono un’associazione importante tra ictus ischemici soprattutto nella popolazione maschile e infezioni oro-dentali. Questo studio aprì le porte ad una serie di report e negli ultimi 20 anni un crescente numero di studi clinici, di revisioni sistematiche con metanalisi, di studi caso controllo, studi di coorte e studi epidemiologici hanno messo in risalto l’associazione tra le infezioni croniche orali (in particolare la Parodontite [PD]) e le patologie atero-cardio-vascolari [ACVDs].
Un significativo lavoro è stato pubblicato nel 2003 dalla Harvard University dopo uno studio di coorte su una popolazione di oltre 40.000 pazienti seguiti per 12 anni allo scopo di verificare una possibile associazione tra PD/ridotto numero di denti e aumento dell’incidenza di Ictus. Lo studio ha previsto di considerare i fattori di rischio comuni alle ACVDs e alla PD per evitare, per quanto possibile, elementi di confusione. I risultati hanno portato ad una associazione positiva tra PD/ridotto numero di denti e Ictus ischemico.
Holmlund et al., dopo uno studio su oltre 7.600 soggetti, mettono in evidenza un maggior tasso di mortalità per ACVDs tra coloro che avevano ≤ 10 denti rispetto a coloro che avevano ≥25 denti.
Dal punto di vista della salute pubblica le implicazioni sono di importanza colossale.
Sia la WHO che l’Unione Europea hanno raccomandato investimenti che mirino a promuovere ed integrare le misure di prevenzione di patologie croniche più diffuse tra cui le infezioni parodontali e le ACVDs soprattutto in virtù del sempre più probabile nesso causale tra le due supportato dalle pubblicazioni scientifiche degli ultimi 5 anni.
Il rapporto di causalità tra PD e ACDVs, in base alle evidenze, è probabile derivi dal ruolo svolto dall’infiammazione sistemica nella patogenesi dell’atero-sclerosi e delle patologie ACVDs in generale. Il DNA dei patogeni parodontali è stato identificato nei tessuti atero-trombotici inducendo il forte sospetto che i batteri parodontali e il loro fattore di virulenza svolgano un ruolo nella patofisiologia dell’aterosclerosi.
La flora batterica orale rappresenta, nel corpo umano, un microbiota complesso secondo solo a quello del sistema gastro-intestinale.
La PD è una malattia cronica infiammatoria primariamente indotta in risposta ad un gruppo di batteri ben conosciuti con una predominanza di Gram-negativi anaerobi come il Porphyromonas gingivalis (P. ginigvalis), Aggregatibacter actinomycetemcomitans (A. a), Tannerella forsythia (T. forsythia), Treponema denticola (T. denticola) and spirochetes tutti presenti in un biofilm sotto-gengivale. L’alterazione qualitativa e quantitativa della composizione batterica del biofilm è responsabile dell’aberrante interazione ospite-biofilm che si traduce in una risposta immuno-infiammatoria distruttiva per i tessuti di sostegno dei denti (il cosiddetto Periodontal Breakdown).
Si stima una prevalenza di PD del 50% della popolazione mondiale (si calcolano tra i 2,5 e i 3 miliardi di persone affette in forma da moderata a grave). In Italia 1 persona su 2 è affetta da varie forme di parodontite e il 10% da forme gravi con rischio imminente di perdita di denti.
La PD ha un esordio e una progressione silente dal punto di vista sintomatologico (tipicamente come le malattie non-comunicabili). Ci sono segni, più che sintomi, che il paziente (non informato) spesso non riconosce (vedi sezione RACCOMANDAZIONI). Solo nelle fasi più avanzate della malattia le disabilità funzionali ed estetiche assumono un’evidenza tale da indurre, sovente troppo tardi, il paziente a rivolgersi all’odontoiatra.
Ricordiamo che la PD può essere evitabile, comunque facilmente diagnosticabile e soprattutto trattabile!
La risposta infiammatoria nei tessuti parodontali si caratterizza per la produzione di mediatori infiammatori ed enzimi come la proteina C-reattiva (CRP), interleuchine (IL-6, IL-8, IL-1ß), TNF-⍺, fibrinogeno, metalloproteinasi… L’aumento delle citochine infiammatorie sembra avere un’influenza determinante sull’infiammazione organismica generale, ritenuta, quest’ultima, tra i protagonisti nella patogenesi dell’atero-sclerosi.
Dalla letteratura scientifica internazionale dell’ultimo decennio una serie di evidenze supporta il ruolo della PD come fattore di rischio indipendente per la ACVDs.
L’associazione è bi-direzionale. Inoltre PD e ACVDs condividono molti fattori di rischio alcuni non modificabili altri modificabili.
Tra i non modificabili:
Tra i modificabili
Il controllo dei fattori di rischio modificabili è di fondamentale importanza per evitare diagnosi tardive (come spesso accade) e prognosi infauste o negative in termini di qualità di vita (come spesso accade) oltre a costi sanitari/sociali enormi.
Molti studi hanno indiscutibilmente mostrato che la PD drena batteri nel circolo sanguigno procurando batteriemie. È acquisito il fatto che batteri parodontopatogeni siano presenti nelle lesioni ateromatose. I soggetti ammalati di parodontite sono ad alto rischio di sviluppare ACVDs e nel caso un ACVD fosse già presente il rischio di complicanze acute, e in particolare infarto del miocardio ed ictus, hanno da 1.5 a 2 volte in più di probabilità di manifestarsi.
Gli studi hanno inoltre evidenziato come dopo terapia parodontale i markers tipici dell’infiammazione e delle ACVDs si riducono drasticamente rispetto a soggetti non trattati. Occorre tuttavia sottolineare che la riduzione dei markers, sebbene certa, è dimostrata avvenire a distanza di qualche mese dalla terapia parodontale per questioni legate ad una reattività flogistica post-intervento.
Quali sono allo stato attuale le evidenze epidemiologiche?
Esiste evidenza che i pazienti ammalati di parodontite esibiscono
Un Consensus Report internazionale pubblicato nel 2020 indica che, indipendentemente dagli altri fattori di rischio, la terapia parodontale riduce la progressione delle ACVDs.
Gli ODONTOIATRI che devono trattare i loro pazienti (soprattutto con diagnosi di malattia parodontale) devono sapere:
In generale tutte le classi mediche dovrebbero informare, in un’ottica di approccio multi-disciplinare sinergico, i pazienti sulla necessità/opportunità di intervenire sui fattori di rischio “modificabili” a beneficio: