La tematica “denti del giudizio” è da sempre un argomento cruciale per i pazienti tanto che viene spesso correlata a dolore e gonfiore.
C’è sempre una logica dietro all’ estrazione consigliata dall’odontoiatra.
Un paziente sano che ha i denti del giudizio ha difficoltà a pulire in quella zona causa guancia che tira, lingua che da fastidio, testina dello spazzolino troppo grande. Quindi si ha difficoltà nella completa e perfetta detersione dei terzi molari.
Il paziente, CHE NON SA DI ESSERE PARODONTALE (affetto da parodontite), in genere non ha un’ottima attenzione alla propria igiene orale domiciliare: presenta placca vicino alla gengiva e soprattutto tra i denti, negli spazi interdentali dove lavorano filo e/o scovolino.
Se il paziente con parodontite presenta placca batterica nei settori degli incisivi/canini (zona facile da pulire perché si vede e si ha un migliore accesso) come potrà tenere sotto controllo l’infezione batterica nei settori posteriori.
Detto ciò, i denti del giudizio nel paziente parodontale costituiscono solo nicchie batteriche, zone dove il biofilm si deposita e prolifera, dove la placca diventa tartaro e quindi dove si verifica riassorbimento osseo.
Se l’infiammazione dei tessuti intorno al dente inizia dai terzi molari, non rimane localizzata in quella zona ma si sposta avanti coinvolgendo l’osso e la gengiva dei secondi molari, denti che servono alla masticazione e alla stabilità dentaria.
Quindi è fortemente consigliata l’estrazione dei denti del giudizio nel paziente parodontale al fine di ridurre il più possibile la contaminazione batterica complessiva del cavo orale ed avere un buon contributo nel successo della terapia causale (il trattamento della piorrea).